Una fionda molecolare per il rilascio mirato di farmaci

La fionda molecolare, 20.000 volte più piccola di un capello umano, può essere attivata da uno specifico marker patologico: «progettare la fionda molecolare non è stato facile. Sono stati necessari molti esperimenti per fare in modo che la fionda rilasciasse il farmaco soltanto nel momento in cui veniva innescata dall’anticorpo», racconta Simona Ranallo, ricercatrice post-dottorato presso il gruppo diretto da Francesco Ricci, professore associato di Chimica – Università di Roma “Tor Vergata” e primo autore del lavoro di ricerca i cui risultati sono stati recentemente pubblicati sulla rivista “Nature Communications”.

Francesco Ricci, professore associato di Chimica presso l’Università di Roma “Tor Vergata”

La fionda molecolare ha le dimensioni di pochi nanometri ed è composta da un filamento di DNA sintetico che può caricare un farmaco e agire proprio come l’elastico di una fionda. Le estremità di questo DNA contengono due porzioni di ancoraggio che si possono legare in maniera specifica ad un anticorpo: una proteina a forma di Y espressa nel nostro corpo in risposta a diversi agenti patogeni come batteri e virus. «Quando le porzioni di ancoraggio della fionda molecolare riconoscono e si legano ai bracci dell’anticorpo bersaglio – continua Simona Ranallo -, il DNA subisce un allungamento e questo porta al rilascio del farmaco attraverso un meccanismo che ricorda quello di una vera e propria fionda che “ spara” il suo colpo».

«Una caratteristica importante di questa particolare fionda – spiega Ricci – è costituita dal fatto che può essere attivata solo dall’anticorpo specifico che riconosce i punti di ancoraggio del DNA “elastico”.  Cambiando i  punti di ancoraggio si può dunque programmare la fionda in modo da rilasciare un farmaco con diversi anticorpi. Poiché diverse patologie sono caratterizzate da specifici anticorpi, la nostra fionda molecolare potrebbe diventare un’arma molto precisa nelle mani dei medici».

Un altro aspetto interessante è la sua elevata versatilità. «Fino ad ora – afferma Alexis Vallée-Bélisle, professore presso il Dipartimento di Chimica presso l’Università di Montreal – abbiamo dimostrato il suo principio di funzionamento impiegando acidi nucleici come farmaci modello ma grazie alla elevata programmabilità del DNA si potrà progettare la fionda per “sparare” una vasta gamma di agenti terapeutici».

Il gruppo di ricercatori è pronto per adattare questa nuova macchina molecolare per il rilascio di farmaci clinicamente rilevanti e per dimostrare la sua efficienza clinica. «Prevediamo che simili macchine molecolari possano essere utilizzate in un prossimo futuro per rilasciare farmaci in punti specifici del corpo e migliorare l’efficienza dei farmaci, diminuendone allo stesso tempo gli effetti tossici», conclude il prof. Francesco Ricci.

Gli enigmatici buchi neri sono governati da fenomeni magnetici

 

I venti e i getti prodotti da un buco nero sono governati da fenomeni magnetici, indipendentemente dalla massa dell’oggetto compatto: questa la scoperta di un team internazionale di ricercatori, studiando un sistema binario che ospita un buco nero di massa stellare.  Vediamo di capirne di più con Francesco Tombesi, co-autore dello studio e ricercatore all’Università di Roma “Tor Vergata”, che nel 2015, sempre con una ricerca sui buchi neri,  si era conquistato la copertina di Nature.

Che cosa comporta aver scoperto  che i venti sono governati da fenomeni magnetici, indipendentemente dalla massa del buco nero centrale ?

I buchi neri sono tra gli oggetti astrofisici più enigmatici dell’Universo e si presentano con diverse masse, di massa stellare (alcune volte quella del Sole) in sistemi binari dove il buco nero sta divorando la sua stella compagna, e super-massicci (fino a miliardi di volte la massa del Sole) al centro di tutte le galassie. Pur essendo di masse cosi’ diverse e avendo avuto origine in modi diversi, osservazioni con satelliti nei raggi X mostrano che questi buchi neri non solo stanno divorando materiale, ma che in qualche modo producono dei potentissimi “venti” e “getti” di plasma. Il nostro lavoro dimostra che l’origine di questi venti è dovuta a fenomeni magnetici che avvengono sul disco di materiale che sta cadendo verso il buco nero. Inoltre, siamo riusciti a dimostrare che questo fenomeno è universale e vale per tutti i buchi neri astrofisici, indipendentemente dalla loro massa.

Perchè è così importante per l’astrofisica moderna comprendere in dettaglio la fisica di ciò che accade nei dintorni di un buco nero?

L’accrescimento e l’eiezione di materiale intorno ai buchi neri è uno degli argomenti di punta della fisica moderna in quanto si possono raggiungere regimi di gravità, temperatura e densità estremi, che non si potranno mai raggiungere in laboratorio. Questo ci consente di investigare la validita’ della relatività generale in condizioni limite ed inoltre di studiare la fisica dei plasmi altamente ionizzati. Dal punto di vista astrofisico, lo studio dell’accrescimento su buchi neri ci puo’ informare sul modo in cui essi crescono nell’Universo e sugli effetti che possono avere sul mezzo interstellare e sull’evoluzione delle strutture cosmiche. Infatti, recentemente si parla molto di “feedback” tra buchi neri e galassie, indicando il fatto che i fenomeni legati ai buchi neri supermassicci al centro delle galassie ne possono addirittura influenzare la loro evoluzione. Senza i buchi neri al loro centro, le galassie non apparirebbero come le vediamo oggi.

Il Sole, osservato speciale dal Polo Sud grazie a MOTH II e ai ricercatori di “Tor Vergata”

Francesco Berrilli, docente di Fisica Solare e Climatologia Spaziale  all’Università di Roma “Tor Vergata”,  di ritorno  dalla missione presso la Stazione Polare Amundsen-Scott,  al Polo Sud, racconta il  suo viaggio scientifico, intrapreso insieme a Stefano Scardigli, Post Doc per il Dipartimento di Fisica dell’Università di Roma “Tor Vergata” e il progetto South Pole Solar Observatory, il telescopio dedicato all’osservazione del Sole. Il team antartico è composto da ricercatori dell’Università delle Hawaii, Georgia State University, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, JPL e European Space Agency.

Compito dei ricercatori è quello di installare e rendere operativo il telescopio solare per la ricerca astrofisica nel campo delle onde di gravità nell’atmosfera solare e della meteorologia spaziale (Space Weather). Il progetto, finanziato dal National Science Foundation con un supporto del PRIN-MIUR 2012, è coordinato dal prof. Stuart Jefferies della Georgia State University.

Ad estreme latitudini, durante le estati polari, il sole rimane al di sopra dell’orizzonte per interi mesi. Un Osservatorio al Polo Sud consente dunque di seguire la nostra stella per settimane o giorni, se il tempo meteorologico lo consente. Osservando il sole con il telescopio MOTH II si possono studiare strati diversi dell’atmosfera e processi fisici a cui non si ha accesso dallo spazio, per mancanza di strumenti simili, o dai normali osservatori a terra, perché subiscono il ciclo giorno-notte e non consentono una corretta analisi matematica del segnale osservato.

Nel nostro caso la campagna di osservazione si proponeva di perseguire tre obiettivi scientifici specifici:
1. determinare le proprietà delle onde di gravità presenti nell’atmosfera solare ed il ruolo che esse svolgono nella dinamica atmosferica ed energetica del riscaldamento coronale;
2. determinare con precisione la variazione latitudinale e longitudinale ,in funzione dell’altezza nell’atmosfera, dei grandi flussi di plasma solare ed il loro impatto sulle teorie di dinamo solare (la grande macchina magnetica che produce l’attività solare ed ha un ruolo centrale nella variabilità solare e nei fenomeni di Space Weather);
3. testare gli algoritmi di previsione degli eventi solari esplosivi, come i flare e le emissioni di massa coronale, che si stanno sviluppando presso il nostro gruppo nell’ambito di progetti europei di previsione dello stato fisico dello spazio circumterrestre (Earth’s Space Weather).

Francesco Berrilli *

*Professore di Fisica Solare e Climatologia Spaziale  all’Università di Roma “Tor Vergata”

Ansa.it Al via la costruzione di un telescopio solare in Antartide

Researchitaly – Miur Antartide: ricercatori di Tor Vergata al lavoro per installare il telescopio solare MOTH II

Media Inaf   Un telescopio solare al Polo Sud

George State University Following the Sun to the End of the Earth