Spugne di vetro: svelate importanti proprietà per la progettazione di grattacieli, navi e aerei del futuro

 
di Pamela Pergolini

Un gruppo di ricerca internazionale alla frontiera fra Ingegneria, Biologia e Fisica, coordinato dall’Università di Roma “Tor Vergata”, fa luce su come la particolare struttura dell’Euplectella aspergillum, una spugna marina che vive negli abissi oceanici, interagisca con l’acqua di mare nella quale è immersa e influenzi l'idrodinamica a proprio vantaggio. L’Euplectella aspergillum è una spugna marina molto particolare nota come “Cestello di Venere”, che presenta notevoli proprietà strutturali. Una delle particolarità più studiate dai ricercatori è la sua composizione: fibre realizzate in silicio che la spugna estrae sotto forma di acido silicico dall'acqua di mare, trasformandolo in sottilissime fibre di vetro. Da qui il loro appellativo comunemente usato di "spugne di vetro". A prima vista la sua struttura potrebbe sembrare estremamente distante dalle strutture progettate dall'uomo ma le intuizioni su come il reticolo di fori e creste dell'organismo influenzi l'idrodinamica dell'acqua di mare in cui la spugna è immersa potrebbero portare a progetti avanzati per edifici, ponti, veicoli marini e aerei, e a tutto ciò che deve rispondere alle forze imposte dal flusso di aria o acqua garantendo la sicurezza della struttura.

Seguendo queste intuizioni i ricercatori dell’Università di Roma “Tor Vergata”,dell’Istituto Italiano di Tecnologia, dell’Università della Tuscia, della Tandon School of Engineering della New York University e dell’University of Western Australia, con il supporto del Consorzio universitario italiano CINECA, hanno indagato il ruolo dei flussi nell'adattamento del “Cestello di Venere” che vive negli abissi.  La particolarità dello studio, appena pubblicato sulla rivista “Nature” con il titolo“Extreme flow simulations reveal skeletal adaptations of deep-sea sponges", è data dal fatto che la ricerca si è concentrata più sugli aspetti idrodinamici della spugna marina che sulla sua resistenza strutturale, come invece è avvenuto in passato.  Pochi infatti gli studi finora condotti in questo campo che indagano come le strutture bio-scheletriche della spugna possano essere alla base dell'ottimizzazione della fisica del flusso, sia all'interno che all’esterno dell’organismo.
 
«Lo studio appena pubblicato su “Nature” è un risultato molto significativo che testimonia l'elevato livello della ricerca scientifica svolta nel nostro Dipartimento e più in generale nell'Università di Roma “Tor Vergata”», afferma il prof. Benedetto Intrigila, Direttore del Dipartimento di Ingegneria d'Impresa “Mario Lucertini”, Università di Roma “Tor Vergata”.

Un’interazione “speciale” con l’acqua
 
La ricerca multidisicplinare, coordinata da Giacomo Falcucci dell’Università di Roma “Tor Vergata” insieme a Sauro Succi dell’Istituto Italiano di Tecnologia e Maurizio Porfiri della Tandon School of Engineering della New York University, è frutto di una collaborazione strutturata su tre continenti (Australia, Europa, Stati Uniti) e si colloca alle frontiere della Fisica, della Biologia e dell'Ingegneria.
«La sfida del millennio per l'uomo è riuscire a realizzare strutture in grado di auto-adattarsi velocemente alle evoluzioni delle condizioni esterne, ottimizzando le risorse disponibili, anche in un'ottica di sostenibilità ambientale. Lo studio delle proprietà costitutive e adattative degli organismi viventi fornisce stimoli e indicazioni fondamentali.  – ha commentato il prof. Nathan Levialdi, Prorettore vicario e già Direttore del Dipartimento di Ingegneria d'Impresa “Mario Lucertini”, Università di Roma “Tor Vergata. «Il punto di forza di questo studio sulle spugne di profondità è il rigoroso approccio multidisciplinare, che ha permesso di ampliare le prospettive di analisi e l'utilizzo di strumenti super performanti, fornendo un impulso determinate all'evoluzione della ricerca e della progettazione ingegneristica».


Supportata dal CINECA con il programma ISCRA (Giacomo Falcucci, Roma “Tor Vergata”), la ricerca è stata inoltre finanziata dai progetti PRIN (Giacomo Falcucci, Roma “Tor Vergata”), dalla Forrest Research Foundation (Giovanni Polverino, University of Western Australia), dalla U.S. National Science Foundation (Maurizio Porfiri, New York University) e dall'European Research Council nell'ambito del programma Horizon 2020 – ERC Advanced Grant (Sauro Succi, IIT).
 
«Questo organismo è stato studiato molto da un punto di vista meccanico a causa della sua straordinaria resistenza strutturale, nonostante la sua composizione silicea», afferma Giacomo Falcucci, dell’Università di Roma “Tor Vergata”, con una seconda affiliazione presso l’Università di Harvard e primo autore della ricerca. «Abbiamo potuto approfondire aspetti dell'idrodinamica e compreso come la geometria della spugna offra una risposta funzionale al passaggio delle correnti marine per produrre qualcosa di speciale rispetto all'interazione con l'acqua».
 
Lo studio ha rivelato una profonda connessione tra la struttura e l’ecologia funzionale della spugna, facendo luce sulla capacità del “Cestello di Venere” di resistere alle forze idrodinamiche dell'oceano e sulla sua capacità di dare origine a vortici ricchi di sostanze nutritive all'interno del "cesto" della cavità corporea. I ricercatori hanno impiegato risorse di supercalcolo e sofisticate metodologie numeriche per ottenere una comprensione più approfondita di queste interazioni, creando la prima simulazione in assoluto dell’intera spugna di profondità e di come essa risponda e influenzi il flusso dell'acqua vicina.
 
«Esplorando il flusso all'interno e all'esterno della cavità corporea della spugna, abbiamo scoperto come essa si sia adattata all'ambiente circostante. Non solo la struttura della spugna contribuisce a ridurre la resistenza, ma facilita anche la creazione di vortici a bassa velocità all'interno della cavità corporea che vengono utilizzati per l'alimentazione e la riproduzione», aggiunge Maurizo Porfiri, esperto di dinamica dei sistemi complessi della Tandon School of Engineering della New York University, coautore dello studio.
 
La simulazione con il supercomputer Marconi100
 
La struttura della Euplectella aspergillum, riprodotta in Italia da Pierluigi Fanelli dell'Università della Tuscia, ricorda un delicato vaso di vetro a forma di tubo cilindrico a parete sottile con un grande atrio centrale, composto da spicole silicee. Le spicole sono composte da tre raggi perpendicolari, che danno loro una forma a sei punte. Le spicole microscopiche "tessono” insieme una maglia molto fitta, che conferisce al corpo della spugna una rigidità non riscontrata in altre specie di spugne e consente loro di sopravvivere a grandi profondità nell’oceano.
 
Per capire come sopravvivono nel loro ambiente le spugne “Cestello di Venere”, il team di ricerca internazionale ha utilizzato il supercomputer “MARCONI100” presso il CINECA, in Italia, in grado di svolgere simulazioni basate su miliardi di punti di calcolo e di produrre dati in quattro dimensioni, tre spaziali più una temporale. I ricercatori hanno impiegato un codice di calcolo speciale sviluppato da Giorgio Amati della Struttura Complessa HPC del CINECA di Roma. Il software ha consentito di svolgere super-simulazioni basate sul metodo Lattice Boltzmann, una classe di metodi di fluidodinamica computazionale per sistemi complessi che rappresenta il fluido come un insieme di particelle e tiene traccia del comportamento di ciascuna di esse.
 
Gli esperimenti “in silico, ossia condotti tramite sofisticate simulazioni al computer,  hanno riprodotto le condizioni idrodinamiche del fondale marino dove vive la spugna di vetro attraverso quasi 100 miliardi di particelle fluide. I risultati elaborati da Vesselin K. Krastev presso l'Università di Roma “Tor Vergata” hanno permesso ai ricercatori di esplorare come l'organizzazione di fori e creste nella spugna migliori la sua capacità di ridurre le forze applicate dall'acqua di mare - un quesito di ingegneria meccanica formulato da Giacomo Falcucci e Sauro Succi - e come la sua struttura influenzi la dinamica del flusso all'interno della cavità del corpo della spugna, ottimizzando sia la filtrazione selettiva dei nutrienti sia l’incontro dei gameti per la riproduzione sessuale - un quesito di natura biologica formulato da Maurizio Porfiri e da Giovanni Polverino, biologo presso il Centro di Biologia Evolutiva dell’University of Western Australia a Perth ed esperto di adattamenti ecologici negli organismi acquatici.
 
«Questo lavoro è un'applicazione esemplare della fluidodinamica computazionale, in generale, e del metodo Lattice Boltzmann, in particolare», afferma Sauro Succi, riconosciuto a livello internazionale come uno dei fondatori del metodo Lattice Boltzmann. «L'accuratezza e la flessibilità del metodo, combinata con l'accesso a uno dei migliori supercomputer al mondo, ci ha permesso di eseguire calcoli di livello mai tentati prima in questo campo, che fanno luce sul ruolo dei flussi nell'adattamento degli organismi che vivono negli abissi».
 
Applicazioni future
 
La ricerca che indaga il ruolo della geometria della spugna relativamente alla sua risposta al fluido circostante, potrà avere notevoli implicazioni per la progettazione ingegneristica del futuro, da nuove strutture a bassa resistenza per la realizzazione di navi e fusoliere di aeroplani, fino ad arrivare a innovativi grattacieli, più alti e più snelli di quelli attuali. «Ci sarà meno resistenza aerodinamica sui grattacieli costruiti con un simile reticolo di creste e fenestrature? La distribuzione delle forze applicate risulterà ottimizzata? Rispondere a queste e ad altre domande è un obiettivo chiave del nostro gruppo di ricerca», dichiara Giacomo Falcucci.
 
Gli autori della ricerca:
 
·        Giacomo Falcucci, Dipartimento di Ingegneria dell’Impresa “Mario Lucertini” – Università di Roma “Tor Vergata”; Dipartimento di Fisica - Università di Harvard, Cambridge (MA)
·        Giorgio Amati, Struttura complessa HPC del CINECA di Roma
·        Pierluigi Fanelli,DEIM - Ingegneria - Università della Tuscia
·        Vesselin K. Krastev, Dipartimento di Ingegneria dell’Impresa “Mario Lucertini”  -  Università di Roma “Tor Vergata”
·        Giovanni Polverino, Centro di Biologia Evolutiva, Istituto di Scienze Biologiche  - University of Western Australia
·        Maurizio Porfiri, Istituto Tandon di Ingegneria - New York University
·        Sauro Succi, Istituto Italiano di Tecnologia; Istituto per le Applicazioni del Calcolo - CNR; Dipartimento di Fisica -Università di Harvard, Cambridge (MA)
 
  

 
 





Figura 1 – Campo idrodinamico dentro e fuori la struttura della spugna di profondità Euplectella aspergillum. Il campo è stato ricostruito utilizzando i super-computer del CINECA.  Un particolare metodo cinetico e avanzati codici di calcolo hanno permesso di ricostruire fedelmente le condizioni di vita delle spugne di profondità, mettendo in luce le loro particolari proprietà non solo strutturali, ma anche fluidodinamiche. Photo credit: G., Falcucci, Università degli studi di Roma “Tor Vergata”.
 

Giovani ingegneri di “Tor Vergata” vincono il premio Youth in Action, idee sostenibili under 30

Il progetto «Mac» è tra i vincitori di “Youth in Action for Sustainable Development Goals che il 6 giugno ha premiato le migliori idee progettuali in grado di favorire il raggiungimento degli SDGs (Sustainable Development Goals) in Italia sensibilizzando al tema dell’Agenda 2030.

Alessandro Biagetti, Marco Falasca, Volodymyr Iavarone Astakhov e Marta Speziale

Il concorso promosso da Fondazione Italiana Accenture, Fondazione Feltrinelli, Fondazione Eni Enrico Mattei, è stato realizzato con il supporto tra gli  altri,  di ASviS – Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (nata a febbraio 2016 su iniziativa della Fondazione Unipolis e dell’Università di Roma “Tor Vergata”) e della RUS – Rete delle Università per lo Sviluppo sostenibile.

«Mac» non è computer ma un Modules aquaponics curtain-wall. Il progetto è stato realizzato da Alessandro Biagetti, Marco Falasca, Volodymyr Iavarone Astakhov e Marta Speziale, laureandi under 30 a “Tor Vergata” in Ingegneria e tecnica del costruire (corso di laurea coordinato dalla prof. Stefania Mornati), tutti con una grande passione e interesse per l’agricoltura, l’impegno sociale e l’architettura sostenibile.

Il modulo in questione sembra riesca a ricomprendere un po’ tutte  queste tre aree ma che cosa significa esattamente acquaponica e come funziona «Mac»?

«Per acquaponica si intende una tipologia di agricoltura sostenibile basata su una combinazione di acquacoltura e coltivazione idroponica, ovvero fuori suolo, senza alcun uso di additivi chimici. L’idea che è alla base del nostro progetto – spiega Alessandro Biagetti – è quella di applicare l’acquaponica agli edifici: su facciate e terrazzi vengono posti i moduli per la coltivazione che sono collegati a vasche di pesci commestibili (carpe, trote e gamberi rossi di acqua dolce) collocate al piano garage o sui balconi stessi. I pesci con il materiale di scarto da loro prodotto fertilizzano le piante (pomodori, rughetta, insalata, etc.) e queste filtrano e rimandano l’acqua depurata alle vasche con i pesci.

Insomma, un sistema che si autosostiene e allo stesso tempo sostenibile?

«Proprio così.  Il Modulo infatti non ha bisogno dell’aggiunta di altra acqua, arrivando a realizzare una riduzione di consumo idrico pari all’80%. Il progetto – racconta Marco Falasca –   è diviso in due parti: una dedicata agli edifici e all’efficienza energetica, sfruttando il concetto del “curtain wall” –  un sistema di tamponamento esterno che permette la realizzazione di facciate continue. Il progetto ha il fine rendere produttive superfici non coltivabili con metodi tradizionali e schermare l’edificio, proteggendo la struttura sottostante dagli agenti atmosferici; e l’altra sviluppata pensando alla riqualificazione degli spazi urbani e che prevede l’utilizzo della coltivazione acquaponica in edifici abbandonati o in piazzali dove sarebbe troppo costoso pensare di sostituire le piante al cemento. Da questa idea di rigenerazione urbana sta nascendo, con il supporto di Confcooperative, la startup “ReGeniusLoci” con la quale ci proponiamo di rigenerare spazi in disuso rendendoli produttivi e soprattutto green».

L’idea è stata scelta tra tutti i progetti under 30 per rappresentare l’Italia, per questo volerà a New York alla International Conference on Sustainable Development (ICSD) 2017, la più importante conferenza mondiale sui temi dello sviluppo sostenibile che si terrà alla Columbia University dal 18 al 20 settembre.  Il progetto, inoltre, è stato premiato con uno stage retribuito per uno dei realizzatori presso MM-Metropolitana Milanese, la società che gestisce le case popolari del Comune di Milano, per valutarne la fattibilità e applicare il prototipo in un progetto pilota.

Marco Falasca

Alessandro Biagetti

 

«L’utilizzo di un impianto di coltivazione acquaponica costituisce anche un’opportunità di inclusione sociale, non solo perché crea occupazione ma anche perché favorisce l’impiego di categorie di lavoratori svantaggiati dal momento che rende le operazioni di coltivazione molto meno faticose rispetto all’agricoltura tradizionale: non occorre infatti né zappare né rimanere piegati per ore a dissodare il terreno», dice  Volodymyr.

La sostenibilità per i quattro studenti di ingegneria travalica i confini della “tecnica del costruire” fino ad arrivare all’impegno sociale di Unimpegno onlus, l’associazione di volontariato creata all’Università di Roma  “Tor Vergata” nel 2016 insieme a studenti delle altre facoltà/macroaree (Medicina, Economia, Lettere, Scienze, Giurisprudenza) che con il progetto  “Unimpegno per Capricchia” vogliono restituire il senso di appartenenza alla frazione di Amatrice colpita dal terremoto del 24 agosto 2016.

Inoltre, insieme all’associazione di volontariato Ingegneria senza frontiere Roma, nata all’interno dell’Università Sapienza, Unimpegno collabora ad un progetto sui piani di emergenza volto a migliorare la conoscenza e la consapevolezza dei cittadini riguardo al tema della prevenzione e della gestione delle emergenze.

Alessandro, Marco, Marta e Volodymyr hanno, al momento, lo stesso sogno: lavorare come architetti/ingegneri umanitari per una solidarietà sociale, umana, civile e culturale e a loro si rivolge Il Rettore di “Tor Vergata”, prof. Giuseppe Novelli, che nel congratularsi per l’importante risultato, fa un grande in bocca al lupo per l’appuntamento di settembre, “certo che saprete esprimere al meglio il vostro talento, preparazione e la vostra creatività”.

 

A “Tor Vergata” sostenibilità fa rima con cibo

Si è svolto a Lettere Mi cibo sostenibile”, uno degli eventi organizzati dall’Università degli studi di Roma “Tor Vergata” nell’ambito del primo Festival dello sviluppo sostenibile.

Sotto il sole dell’ultimo giorno di maggio, nella piazzetta della Macroarea di Lettere e Filosofia Roma “Tor Vergata”, si è tenuto l’evento di apertura di “Mi cibo sostenibile, la manifestazione legata al tema dell’alimentazione promossa dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (Asvis), di cui “Tor Vergata” è partner fondatore. Hanno partecipato numerosi anche gli studenti delle scuole, tra cui i ragazzi dell’Istituto Superiore Lombardo Radice  e quelli  dell’Istituto professionale di Stato M. Pantaleoni di Frascati con indirizzo alberghiero.

Tutto ha avuto inizio alle 15 circa con i saluti del prorettore vicario Claudio Franchini, del Presidente della Commissione Ambiente di Roma Capitale, Daniele Diaco e del prof. Enrico Giovannini, portavoce di Asvis, che ha invitato tutti a “ragionare sul futuro a partire dal presente” sottolinenado che “il nostro Paese è ancora lontano dal raggiungimento dei 17 obiettivi stabiliti dall’agenda 2030 dell’ONU. Per questo – continua Giovannini – bisogna riportare al centro dell’agenda politica e dei media i temi della sostenibilità”. Sono intervenuti, tra gli altri, Emore Paoli, Direttore del Dipartimento di studi letterari, filosofici e di storia dell’arte, Franco Salvatori, Direttore del Dipartimento di storia, patrimonio culturale, formazione e società
Marina Formica, Coordinatrice della struttura di raccordo della Macroarea di lettere e filosofia. Hanno presentato la manifestazione, Caterina Lorenzi, docente di Ecologia a “Tor Vergata” e coordinatrice dell’evento, e Pietro Greco, giornalista scientifico.

Subito dopo per gli studenti delle scuole e il pubblico presente è stato possibile partecipare alle varie mostre e laboratori presenti: da una parte scoprire il territorio laziale e le sue tipicità, dall’altra ascoltare le parole di chi tutti i giorni si mette a disposizione dei meno fortunati, attraverso le ACLI di Roma, portando prodotti dei forni destinati altrimenti allo spreco.

All’interno delle aule sono stati allestiti da professori, laureandi e dottorandi i laboratori, dove esporre le loro ricerche. Ad esempio, il laboratorio di Archeologia greco e romana, curato da Marcella Pisani e Giulia Rocco, ha incuriosito il pubblico riscoprendo i metodi di preparazione, cottura e conservazione del cibo e gli ingrendienti usati in epoca romana; il gruppo composto dai professori Salvatori, Bozzato e Magistri ha posto l’attenzione, invece, sulla promozione della sostenibilità declinata in campo turistico dei centri storici, con particolare rilievo alle tradizioni alimentari; l’ex ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, docente a “Tor Vergata” in “Turismo e  sostenibilità”, insieme alla professoressa Marina Faccioli, hanno organizzato il laboratorio “Cibo e turismo sostenibile”, dove studenti della laurea magistrale in “Progettazione e Gestione dei Sistemi Turistici” hanno presentato i loro progetti alla scoperta di piccole meraviglie a noi vicine di cui non sappiamo l’esistenza.

Per gli appassionati della cucina è stata un’occasione per scoprire le ricette tipiche delle nonne, non solo italiane, grazie al laboratorio “Cucinare con le nonne” di Laura Di Renzo e Francesca Dragotto. Ha aderito al progetto la rivista “Patto in cucina magazine”, che diffonde attraverso video, articoli e ricette la conoscenza del patrimonio scientifico, culturale e artistico della tradizione italiana in ambito nutrizionale. Mentre il laboratorio “Il pesce giusto”, curato da Caterina Lorenzi, è stato utile per approfondire la figura del consumatore nell’atto dell’acquisto e rendere ciascuno più consapevole della necessità di conservare gli ecosistemi marini con scelte alimentari sostenibili.

In seguito, si è tornati in piazzetta dove hanno avuto luogo i dibattiti, in cui si è discusso di “Cibo e Storia”,  “Cibo e Luoghi” di “Cibo e responsabilità”, ai quali hanno partecipato, tra gli altri, Pinuccia Montanari, assessore alla Sostenibilità ambientale del Comune di Roma, Armido Marana, vicepresidente del consorzio Asso Bioplastiche, Andrea Masullo, consigliere di amministrazione AMA, Francesca Danese, portavoce del Forum del Terzo settore del Lazio e Fabio Brai, responsabile Area Soci Roma Unicoop Tirreno.

La giornata si è conclusa con il buffet preparato dagli studenti dell’IPSSAR Maffeo Pantaleoni di Frascati nell’ambito di un progetto di Alternanza scuola lavoro e con il concerto del Laboratorio di musica Jazz dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”.

Una fionda molecolare per il rilascio mirato di farmaci

La fionda molecolare, 20.000 volte più piccola di un capello umano, può essere attivata da uno specifico marker patologico: «progettare la fionda molecolare non è stato facile. Sono stati necessari molti esperimenti per fare in modo che la fionda rilasciasse il farmaco soltanto nel momento in cui veniva innescata dall’anticorpo», racconta Simona Ranallo, ricercatrice post-dottorato presso il gruppo diretto da Francesco Ricci, professore associato di Chimica – Università di Roma “Tor Vergata” e primo autore del lavoro di ricerca i cui risultati sono stati recentemente pubblicati sulla rivista “Nature Communications”.

Francesco Ricci, professore associato di Chimica presso l’Università di Roma “Tor Vergata”

La fionda molecolare ha le dimensioni di pochi nanometri ed è composta da un filamento di DNA sintetico che può caricare un farmaco e agire proprio come l’elastico di una fionda. Le estremità di questo DNA contengono due porzioni di ancoraggio che si possono legare in maniera specifica ad un anticorpo: una proteina a forma di Y espressa nel nostro corpo in risposta a diversi agenti patogeni come batteri e virus. «Quando le porzioni di ancoraggio della fionda molecolare riconoscono e si legano ai bracci dell’anticorpo bersaglio – continua Simona Ranallo -, il DNA subisce un allungamento e questo porta al rilascio del farmaco attraverso un meccanismo che ricorda quello di una vera e propria fionda che “ spara” il suo colpo».

«Una caratteristica importante di questa particolare fionda – spiega Ricci – è costituita dal fatto che può essere attivata solo dall’anticorpo specifico che riconosce i punti di ancoraggio del DNA “elastico”.  Cambiando i  punti di ancoraggio si può dunque programmare la fionda in modo da rilasciare un farmaco con diversi anticorpi. Poiché diverse patologie sono caratterizzate da specifici anticorpi, la nostra fionda molecolare potrebbe diventare un’arma molto precisa nelle mani dei medici».

Un altro aspetto interessante è la sua elevata versatilità. «Fino ad ora – afferma Alexis Vallée-Bélisle, professore presso il Dipartimento di Chimica presso l’Università di Montreal – abbiamo dimostrato il suo principio di funzionamento impiegando acidi nucleici come farmaci modello ma grazie alla elevata programmabilità del DNA si potrà progettare la fionda per “sparare” una vasta gamma di agenti terapeutici».

Il gruppo di ricercatori è pronto per adattare questa nuova macchina molecolare per il rilascio di farmaci clinicamente rilevanti e per dimostrare la sua efficienza clinica. «Prevediamo che simili macchine molecolari possano essere utilizzate in un prossimo futuro per rilasciare farmaci in punti specifici del corpo e migliorare l’efficienza dei farmaci, diminuendone allo stesso tempo gli effetti tossici», conclude il prof. Francesco Ricci.

Gli enigmatici buchi neri sono governati da fenomeni magnetici

 

I venti e i getti prodotti da un buco nero sono governati da fenomeni magnetici, indipendentemente dalla massa dell’oggetto compatto: questa la scoperta di un team internazionale di ricercatori, studiando un sistema binario che ospita un buco nero di massa stellare.  Vediamo di capirne di più con Francesco Tombesi, co-autore dello studio e ricercatore all’Università di Roma “Tor Vergata”, che nel 2015, sempre con una ricerca sui buchi neri,  si era conquistato la copertina di Nature.

Che cosa comporta aver scoperto  che i venti sono governati da fenomeni magnetici, indipendentemente dalla massa del buco nero centrale ?

I buchi neri sono tra gli oggetti astrofisici più enigmatici dell’Universo e si presentano con diverse masse, di massa stellare (alcune volte quella del Sole) in sistemi binari dove il buco nero sta divorando la sua stella compagna, e super-massicci (fino a miliardi di volte la massa del Sole) al centro di tutte le galassie. Pur essendo di masse cosi’ diverse e avendo avuto origine in modi diversi, osservazioni con satelliti nei raggi X mostrano che questi buchi neri non solo stanno divorando materiale, ma che in qualche modo producono dei potentissimi “venti” e “getti” di plasma. Il nostro lavoro dimostra che l’origine di questi venti è dovuta a fenomeni magnetici che avvengono sul disco di materiale che sta cadendo verso il buco nero. Inoltre, siamo riusciti a dimostrare che questo fenomeno è universale e vale per tutti i buchi neri astrofisici, indipendentemente dalla loro massa.

Perchè è così importante per l’astrofisica moderna comprendere in dettaglio la fisica di ciò che accade nei dintorni di un buco nero?

L’accrescimento e l’eiezione di materiale intorno ai buchi neri è uno degli argomenti di punta della fisica moderna in quanto si possono raggiungere regimi di gravità, temperatura e densità estremi, che non si potranno mai raggiungere in laboratorio. Questo ci consente di investigare la validita’ della relatività generale in condizioni limite ed inoltre di studiare la fisica dei plasmi altamente ionizzati. Dal punto di vista astrofisico, lo studio dell’accrescimento su buchi neri ci puo’ informare sul modo in cui essi crescono nell’Universo e sugli effetti che possono avere sul mezzo interstellare e sull’evoluzione delle strutture cosmiche. Infatti, recentemente si parla molto di “feedback” tra buchi neri e galassie, indicando il fatto che i fenomeni legati ai buchi neri supermassicci al centro delle galassie ne possono addirittura influenzare la loro evoluzione. Senza i buchi neri al loro centro, le galassie non apparirebbero come le vediamo oggi.

Il Sole, osservato speciale dal Polo Sud grazie a MOTH II e ai ricercatori di “Tor Vergata”

Francesco Berrilli, docente di Fisica Solare e Climatologia Spaziale  all’Università di Roma “Tor Vergata”,  di ritorno  dalla missione presso la Stazione Polare Amundsen-Scott,  al Polo Sud, racconta il  suo viaggio scientifico, intrapreso insieme a Stefano Scardigli, Post Doc per il Dipartimento di Fisica dell’Università di Roma “Tor Vergata” e il progetto South Pole Solar Observatory, il telescopio dedicato all’osservazione del Sole. Il team antartico è composto da ricercatori dell’Università delle Hawaii, Georgia State University, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, JPL e European Space Agency.

Compito dei ricercatori è quello di installare e rendere operativo il telescopio solare per la ricerca astrofisica nel campo delle onde di gravità nell’atmosfera solare e della meteorologia spaziale (Space Weather). Il progetto, finanziato dal National Science Foundation con un supporto del PRIN-MIUR 2012, è coordinato dal prof. Stuart Jefferies della Georgia State University.

Ad estreme latitudini, durante le estati polari, il sole rimane al di sopra dell’orizzonte per interi mesi. Un Osservatorio al Polo Sud consente dunque di seguire la nostra stella per settimane o giorni, se il tempo meteorologico lo consente. Osservando il sole con il telescopio MOTH II si possono studiare strati diversi dell’atmosfera e processi fisici a cui non si ha accesso dallo spazio, per mancanza di strumenti simili, o dai normali osservatori a terra, perché subiscono il ciclo giorno-notte e non consentono una corretta analisi matematica del segnale osservato.

Nel nostro caso la campagna di osservazione si proponeva di perseguire tre obiettivi scientifici specifici:
1. determinare le proprietà delle onde di gravità presenti nell’atmosfera solare ed il ruolo che esse svolgono nella dinamica atmosferica ed energetica del riscaldamento coronale;
2. determinare con precisione la variazione latitudinale e longitudinale ,in funzione dell’altezza nell’atmosfera, dei grandi flussi di plasma solare ed il loro impatto sulle teorie di dinamo solare (la grande macchina magnetica che produce l’attività solare ed ha un ruolo centrale nella variabilità solare e nei fenomeni di Space Weather);
3. testare gli algoritmi di previsione degli eventi solari esplosivi, come i flare e le emissioni di massa coronale, che si stanno sviluppando presso il nostro gruppo nell’ambito di progetti europei di previsione dello stato fisico dello spazio circumterrestre (Earth’s Space Weather).

Francesco Berrilli *

*Professore di Fisica Solare e Climatologia Spaziale  all’Università di Roma “Tor Vergata”

Ansa.it Al via la costruzione di un telescopio solare in Antartide

Researchitaly – Miur Antartide: ricercatori di Tor Vergata al lavoro per installare il telescopio solare MOTH II

Media Inaf   Un telescopio solare al Polo Sud

George State University Following the Sun to the End of the Earth

 

 

 

International Students Welcome a “Tor Vergata”/How do you say ISEE in English?

IMG_3587di Pamela Pergolini

Sei uno studente straniero che ha scelto di immatricolarsi a “Tor Vergata, vuoi  fare la domanda per partecipare al bando per usufruire di una borsa di studio ma non sai come si dice ISEE in inglese?  Hai bisogno di un codice fiscale per l’assistenza sanitaria, immatricolazione oppure  vuoi aprire un conte corrente e non sai come fare?  L’Università di Roma “Tor Vergata” ha organizzato, dal 1 al 16 settembre,  il servizio di accoglienza  “Welcome Week” a supporto degli studenti stranieri che hanno scelto di studiare nell’Ateneo romano.

Gli studenti stranieri vengono assistiti per la compilazione e rilascio del “kit – permesso di soggiorno”, per rilascio a vista del codice fiscale da parte di personale tecnico dell’Agenzia delle Entrate, nelle procedure di immatricolazione,  il rilascio informazioni su assistenza sanitaria nazionale, apertura conto bancario, la ricerca alloggio e trasporto pubblico

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Nella giornata del  9 settembre abbiamo incontrato i referenti dell’Agenzia delle Entrate, presenti per il rilascio del  codice fiscale, lo staff dell’Ufficio Studenti Stranieri   e alcuni studenti che si sono presentati al desk.

GUARDA IL VIDEO  “INTERNATIONAL STUDENTS WELCOME”

SU YOUTUBE  UNIVERSITÀ ROMA “TOR VERGATA”

«Sono 340 gli studenti extracomunitari che hanno presentato la domanda di preiscrizione, presso le rispettive ambasciate, per venire a studiare all’Università di Roma “Tor Vergata” nel prossimo anno accademico (2016-2017) – spiega Angelina De Benedictis, responsabile Ufficio Sudenti Stranieri dell’Ateneo e coordinatrice dei servizi “Welcome Week” –  E ci auguriamo che tutti loro possano essere futuri studenti nel nostro Ateneo ».

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International Students Welcome 1- 16 settembre – Aula “Freezer” – Edificio Didattica “A” Macroarea di Economia 

La simulazione marziana alle Hawaii: missione compiuta

 

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Cyprien Verseux, dottorandoUniversità di Roma “Tor Vergata”

a cura della Redazione

Un anno isolati alle Hawaii per simulare una spedizione su Marte, con la missione della Nasa ‘Hi-Seas’.  É terminata il 28 agosto la missione dei sei ricercatori  che hanno abbandonato  la loro ‘casa spaziale’ sulle pendici del vulcano Mauna Loa, per tornare nei rispettivi Paesi d’origine. Tra questi il giovane astrobiologo francese Cyprien Verseux, dottorando all’Università di Roma “Tor Vergata”,  pronto a tornare a lavorare  presso l’Ateneo romano, supervisionato da Daniela Billi (Dipartimento di Biologia) e Lynn J. Rothschild (NASA Ames).

Verseux ha conseguito il Master in Biologia Sintetica presso l’Institute of Systems and Synthetic Biology e in Ingegneria Biotecnologica presso l’Institut Sup’Biotech de Paris e ha partecipatoto al programma iGEM presso la NASA.

Poche ore dopo  aver lasciato il  “terrestre”  Pianeta Rosso, Verseux ha  affermato  che  “nel prossimo futuro una missione spaziale su Marte è realistica e che le difficoltà tecnologiche e umane sono superabili”.  In questo anno, Verseux è stato impegnato a studiare l’impiego dei batteri per convertire le poche risorse marziane in sostanze nutritive per le piante necessarie alla sopravvivenza dell’uomo. ‘Questa ricerca fa parte di un progetto di ricerca denominato CyBLiSS (Cyanobacterium-Based Life-Support System), un progetto che sviluppiamo nei laboratori sotto la supervisione della professoressa Daniela Billi dell’Università di Roma “Tor Vergata” e la dottoressa Lynn Rothschild della NASA.

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Quando il giovane astrobiologo rientrerà nel laboratorio di Astrobiologia e Biologia Molecolare di Cianobatteri Estremofili all’Università di Roma “Tor Vergata” contribuirà all’analisi di cianobatteri estremofili esposti per 16 mesi all’ambiente spaziale e marziano simulato al di fuori della Stazione Spaziale Internazionale nell’ambito degli esperimenti BOSS_Cyano e BIOMEX_cyano finanziati dall’Agenzia Spaziale italiana, due esperimenti che fanno parte della missione spaziale Expose-R2 coordinata dal DLR di Colonia (Petra Rettberg) e dal DRL di Berlino (Jean-Pierre de Vera).

«Tali analisi  – spiega la prof.ssa Daniela Billi – hanno lo scopo di verificare la capacità di cianobatteri estremofili di riparare i danni accumulati durante l’esposizione alle condizioni di vuoto spaziale, escursioni termiche, elevate dosi di radiazioni ultraviolette e ionizzanti presenti in bassa orbita terrestre, al difuori della Stazione Spaziale Internazionale. I risultati contribuiranno alla nostra conoscenza dei limiti della vita ma anche alla sua ricerca altrove valutando gli effetti dell’ambiente marziano simulato in bassa orbita terrestre sulle macromolecole biologiche».

Inoltre, lo studio degli effetti dell’ambiente spaziale e marziano simulato sulla tenacia di questi estremofili contribuisce allo sviluppo di tecnologie a supporto dell’esplorazione umana dello spazio basate sull’impiego di estremofili capaci di fotosintesi ossigenica ma anche sul lor impiego per la produzione di sostanze d’interesse con approcci di biologia sintetica. A questo scopo Cyprien Verseux continuerà alcune sperimentazioni intraprese durante la simulazione marziana alle Hawaii nel contesto del progetto CyBLiSS (Cyanobacterium-Based Life-Support System), basato sull’impiego di cianobatteri estremofili per convertire le poche risorse marziane in sostanze nutritive per piante in sistemi biorigenerativi a supporto dell’esplorazione umana dello spazio.

 

Testa il Test, conclusa la terza edizione

IMG_3485 Si è conclusa l’edizione 2016 di Testa il Test a “Tor Vergata” per la simulazione dei quiz ministeriali per l’accesso a numero chiuso ai corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia, Odontoiatria e Protesi Dentaria, Ingegneria Edile-Architettura e Professioni Sanitarie.

Trecento gli aspiranti medici che il 27 luglio hanno partecipato, presso la facoltà di Medicina e Chirurgia,  alla simulazione della prova di accesso ai corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia e in Odontoiatria. Il giorno dopo, il 28 luglio,  è stata la volta degli aspiranti infermieri e fisioterapisti,  anche qui 300 gli iscritti che si sono cimentati con la simulazione per l’accesso ai corsi di laurea della Professioni Sanitarie.  Il 21 luglio si è svolta invece la simulazione della prova d’accesso per gli aspiranti ingegneri-edili.

Con Testa il Test i futuri studenti hanno avuto modo di testare la propria preparazione, conoscere le operazioni necessarie per il corretto svolgimento della procedura ministeriale, valutare la propria capacità di gestire tempo/FOTO HOMEstress.

Testa il Test è una iniziativa dell’Ateneo Roma “Tor Vergata” nata per offrire a giovani che desiderano iscriversi ai corsi di laurea ad accesso nazionale (Medicina e Chirurgia, Odontoiatria, Professioni Sanitarie, Ingegneria Edile-Architettura) la possibilità di effettuare una vera e propria simulazione, gratuita e in presenza, dei quiz ministeriali.

Materiali nanoporosi: i piccolissimi “vuoti” ne aumentano la resistenza

di Pamela Pergolini 

nanoporosiÉ stato pubblicato sulla rivista Mechanics of Materials di luglio 2016 lo studio “A computational insight into void-size effects on strength properties of nanoporous materials”. Lo studio riguarda il comportamento dei materiali nanoporosi ed è stato condotto dal gruppo di ricerca del settore di “Scienza delle Costruzioni” dell’Università di Roma “Tor Vergata” in collaborazione con ricercatori francesi dell’Università Pierre e Marie Curie (UPMC) e dell’Ecole Nationale des Ponts et Chaussées (ENPC).

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Stella Brach, dottoranda e laurea in Ingegneria Meccanica a “Tor Vergata”

Autori della ricerca sono Stella Brach, dottoranda e una laurea in Ingegneria Meccanica a “Tor Vergata”,  il prof. Djimédo Kondo del Laboratorio Jean le Rond d’Alembert dell’UPMC,  il prof. Luc Dormieux del Laboratorio Navier

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Luc Dormieux del Laboratorio Navier dell’ENPC di Parigi

dell’ENPC di Parigi, e il prof. Giuseppe Vairo (Scienza delle Costruzioni) del Dipartimento di Ingegneria Civile e Informatica (DICII) di “Tor Vergata”.  Il prof. Giuseppe Vairo è il responsabile scientifico, per la parte italiana, del progetto.

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Djimédo Kondo del Laboratorio Jean le Rond d’Alembert dell’UPMC

Lo studio è stato sviluppato nel contesto di una oramai ventennale cooperazione (per ricerca e formazione) tra l’Ateneo di “Tor Vergata” e l’ENPC, e di un programma di collaborazione avviato nel 2013 tra “Tor Vergata” e l’UPMC. Nell’ambito di quest’ultimo, la dott.sa Brach sta svolgendo attività di ricerca in cotutela per il conseguimento del titolo italiano di Dottore di Ricerca in “Ingegneria Civile” e il titolo francese di Dottore di Ricerca in “Science de l’Ingénieur”.

Prof. Giuseppe Vairo perché i materiali nanoporosi potrebbero essere importanti nella progettazione non tradizionale?

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Giuseppe Vairo, Scienza delle Costruzioni, Dip. Ingegneria Civile e Informatica (DICII) a “Tor Vergata”

Il lavoro appena pubblicato mette in luce, attraverso tecniche di simulazione numerica a scala molecolare, l’influenza positiva indotta da nanovuoti sulle proprietà di resistenza del materiale. Questo effetto, se opportunamente controllato, può essere utilizzato per progettare materiali con specifiche proprietà a seconda dell’applicazione strutturale in cui si vuole impiegarli. Insomma, i materiali nanoporosi possono riguardarsi come materiali potenzialmente progettabili per progettare. I risultati che abbiamo ottenuto confermano il ruolo attivo dei nanovuoti e la possibilità di controllare questi “effetti di taglia”. A partire da queste indicazioni quantitative, e nel contesto della cooperazione italo-francese, stiamo inoltre mettendo a punto nuovi modelli teorici di previsione del comportamento limite di tali materiali.

 

In quali campi dell’Ingegneria possono essere applicati?

I nanoporosi sono materiali caratterizzati da una strutttura porosa con pori la cui dimensione caratteristica è dell’ordine del nanometro (pari a un miliardesimo di metro).  Essi esibiscono proprietà fisiche affascinanti, in termini di risposta meccanica, chimica ed elettromagnetica. In particolare, in ragione della presenza di nanocavità, questa classe di materiali con nanostruttura apre potenzialmente ad applicazioni avanzate e innovative in diversi campi dell’Ingegneria (e.g., civile, ambientale, geofisica, petrolchimica, biomeccanica) ad alto contenuto tecnologico e con elevate potenzialità in termini di impatto socio-economico. Prime applicazioni di questa tipologia di materiali cominciano a svilupparsi per concepire device multifunzionali in applicazioni aerospoaziali, dell’industria automobilistica, per l’accumulo energetico, per la sensoristica. Degne di nota sono le applicazioni nell’ambito dell’Ingegneria Medica. In particolare, i nanoporosi ben si prestano alla realizzazione di dispositivi intelligenti di ultima generazione in grado di svolgere funzioni di biosensoristica, di rilascio locale di farmaco, di catalisi, e di filtrazione.

Ma qual è il segreto? Perché vuoti a scala nano aumentano la resistenza del materiale?

Il segreto risiede nella natura “nano” delle cavità. Sin dai tempi dei maestri costruttori del Medioevo, gli spazi vuoti all’interno di una struttura continua erano percepiti come il punto debole della struttura. Chi s’imbatte in una cattedrale gotica non può non riconoscere strette aperture in muri maestosi, e nessuno – fino a tempi ingegneristicamente più illuminati – ha avuto l’ardire di pensare al vuoto come elemento attivo e controllabile. Di fatto, materiali con elevati rapporti vuoto/pieno (schiume metalliche, materiali porosi) hanno consentito di vincere sfide ardue come il volo, visto il loro ridotto peso specifico a fronte di soddisfacenti proprietà di resistenza, rappresentando primi esempi di materiali progettati per assolvere a specifici requisiti. Ma si può fare di più.

Con lo stesso ardire logico, se immaginassimo una pausa musicale più lunga di una battuta all’interno di un’opera classica, l’effetto  ci risulterebbe strano e forse da attribuire a un errore del musicista. Di contro, se ascoltassimo un pezzo Jazz, ogni pausa sarebbe perfettamente giustificata dall’alternanza di “pieni” e “vuoti” di questo genere, a chiara evidenza che note piene e pause possono convivere in una perfetta armonia.

Nel caso di nanocavità, le interazioni elettrochimiche a scala atomica, fra atomi affacciati sul bordo di ciascuna di queste cavità, possono conferire un incremento di resistenza e di proprietà meccaniche.  Gli atomi che costituiscono il materiale, interagiscono tra loro con forze elettrochimiche che potremmo banalizzare pensando gli atomi come una schiera di persone che si tengono per mano. Se in una regione del materiale allontanassimo gli atomi tra loro, creando una cavità (poro) di dimensioni grandi (tipicamente quello che accade in schiume metalliche o materiali porosi classici, in cui le dimensioni del poro sono dell’ordine del millimetro), gli atomi affacciati sul poro non avrebbero più la possibilità di stringere le mani degli atomi che hanno di fronte. Se però il poro è sufficientemente piccolo, gli atomi affacciati sul poro continueranno a tenersi (idealmente) tra loro per mano, ma con il risultato che essi dovranno “sforzarsi” per allungare le braccia. Questo, in modo molto banale, porta a una perturbazione delle interazioni a livello locale che, se opportunamente controllata, può indurre un miglioramento delle proprietà meccaniche, oltre che degli effetti di compatibilità elettro-chimica con possibili molecole/atomi interposti fra le “braccia tese” (favorendo quindi processi di filtrazione/catalisi, associati ad un’azione di setaccio molecolare).

Quali metodologie progettuali vengono utilizzate per l’impiego dei materiali nanoporosi?

La progettazione di strutture e dispositivi basati sull’uso di materiali nanoporosi non può avvalersi delle metodologie progettuali tradizionali, dovendo portare in conto effetti non trascurabili, propri di una scala inferiore a quella osservabile. D’altro canto progettare una struttura macroscopica (l’ala di un velivolo, la pala di una turbina, o un qualunque componente meccanico) descrivendo in modo diretto gli atomi e le molecole che la compongono sarebbe ingegneristicamente impraticabile e inefficace. È allora necessario un approccio multiscala che consenta di includere in approcci progettuali sintetici, e in maniera indiretta, l’influenza dei fenomeni dominanti alla nanoscala sul comportamento del materiale alle scale d’interesse ingegneristico. Questo è il nostro piano di ricerca, che prevede lo sviluppo di approcci teorici e numerici, con l’intento di fornire metodi di progettazione del materiale e approcci progettuali specifici per strutture e dispositivi realizzati con questi materiali avanzati.